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CONOSCI TE STESSO


Un’antica leggenda giapponese narra di un Samurai molto aggressivo che un giorno volle incontrare un Maestro zen per avere alcuni chiarimenti sui concetti di Paradiso ed Inferno. Giunto davanti al Maestro, il Samurai gli domandò con aria di sfida:

Se davvero ne sei capace, illustrami qual è la differenza tra Inferno e Paradiso!”.

Il Maestro lanciò un’occhiata al Samurai e rispose:

Sei solo uno sfrontato e maleducato; non perderò il mio tempo prezioso con te!”.

Sentendosi insultato e attaccato nel suo orgoglio il Samurai diventò furioso e sguainando la spada gridò; “Potrei ucciderti per la tua insolenza!

Ecco” replicò il Monaco con grande calma “Questo è l’Inferno”.

Riconoscendo che il Maestro diceva la verità sulla furia omicida che lo aveva pervaso, il Samurai rimise la spada nel fodero e si inchinò al cospetto del Monaco ringraziandolo per la grande lezione.

Ecco” disse allora il Maestro “questo è il Paradiso”.

“Conoscersi significa errare e l’oracolo che ha detto “Conosci te stesso” ha proposto un compito più grave delle fatiche di Ercole e un enigma più oscuro di quello della Sfinge.” (Fernando Pessoa)

Il significato di “Conosci te stesso”

Questa storia zen può essere letta come un esempio di introspezione, una metafora di cosa significhi fare un’autoanalisi introspettiva invece di affidarsi a risposte o giudizi esterni.

Molti amano leggere l’oroscopo, fare i “test di personalità” sulle riviste, affidarsi ai responsi dell’astrologia o della psichiatria per ricevere etichette, consigli, analisi sulla struttura della propria psiche… Vere o presunte che siano tali risposte possono solo descrivere dall’esterno ciò che siamo, ma nulla saranno in grado di cambiare su noi stessi se non saremo noi a metterci in discussione e ad accettare di riconoscere ciò che avviene nel nostro animo. Anche se dovesse trattarsi di qualcosa che non ci piace, come l’ira con cui il samurai cerca di compensare il vissuto di umiliazione percepito alle parole del monaco.

Un percorso di ricerca interiore richiede coraggio, onestà e rispetto per ogni parte di sé che si sarà chiamati a incontrare.

Alcuni imparano a conoscersi attraverso l’arte, altri mediante la scrittura o un’attività sportiva, altri ancora accedono ad un percorso introspettivo mentre affrontano un grave trauma, altri accedendo ad un percorso di psicoterapia. Ognuno può e deve trovare la propria strada…

“Tutto ciò che ci irrita negli altri, può portarci a capire noi stessi” (C. G. Jung)

Da dove proviene l’esortazione “Conosci te stesso”

Sul frontone del tempio di Apollo a Delfi si trovava questa massima successivamente resa celebre in latino come “Nosce te ipsum”. Conosci te stesso rende la questione su chi siamo a una riflessione essenziale per la propria vita e secondo il pensiero di Socrate è motore della domanda che ciascuno di noi dovrebbe porre a se stesso: la capacità di progettare un proprio futuro dipendeva dal saper rispondere a questa domanda. Questa capacità introspettiva connaturata nella cultura greca ci è utile anche oggi nel risalire alla ricerca di noi stessi per conoscere gli orizzonti che portano al benessere personale e a un approccio attivo e determinato nei contesti sociali entro cui ci muoviamo.

Si cresce imitando, questo compiamo fin da bambini. Ma “Diventa ciò che sei”, altra interpretazione del Conosci te stesso, ci invita a conoscere le nostre potenzialità e virtù facendo fiorire ciò per cui siamo nati. Senza imitare gli altri. Sapersi elevare dal bisogno di imitare o competere con gli altri è un’altra opportunità che questa massima ci offre: diventare se stessi è la condizione della salute e della vera pace interiore e nella società.

Trovare sé stessi nell’altro

Gli altri, con i loro difetti e comportamenti che più ci irritano possono farci da specchio e indicarci indirettamente quali aspetti non stiamo riconoscendo in noi stessi. Se ci pensiamo un attimo ognuno di noi ha delle proprie “antipatie personali”: magari è particolarmente insofferente ad alcuni comportamenti o modi di essere delle persone, mentre riesce ad essere più tollerante con altri. Magari capita che ci sia quell’amico o collega di lavoro che senza un apparente motivo ci infastidisca “a pelle” sebbene non abbia fatto o detto nulla contro di noi…

In questi casi può darsi che il modo di fare dell’altro che tanto ci irrita non sia altro che qualcosa che abbiamo anche noi, nel profondo della nostra psiche e che non vogliamo riconoscerci perché temiamo che se lo facessimo questo ci restituirebbe un’immagine meno “perfetta” di quella che vorremmo: si tratta del fenomeno della proiezione.


Da dove partire alla ricerca di se stessi

Ci sono persone la cui mania per l’ordine e la pulizia, permette di tenere a bada la propria ansia e di illudersi di tenere tutto “sotto controllo”. Saranno probabilmente molto irritate e sconcertate da coloro che mostrano invece un atteggiamento rilassato e noncurante, ma forse anche una parte di loro vorrebbe allentare il controllo e lasciarsi andare una volta tanto…

Altre volte ci troviamo di fronte ad una persona che magari ha fatto scelte apparentemente inconciliabili con le nostre, alle quali ci dichiariamo estranei, ma che forse, nel profondo di noi, ci suscitano una dolorosa invidia e qualche rimpianto. Sono queste le occasioni in cui ci scopriamo incapaci di gioire per il successo di un amico o di comprenderlo dal suo punto di vista… Fermarci a riflettere e riconoscere i nostri reali sentimenti potrà essere spiazzante, farci sentire delle persone non proprio “belle”. In realtà siamo semplicemente “umani” e se siamo in grado di accogliere anche questi aspetti non del tutto “nobili” di noi stessi avremo imparato una grande lezione

“Se riesci a tradurre in parole ciò che senti, ti appartiene.” (Henry Roth)


I passi necessari del percorso introspettivo

Il primo step per intraprendere un percorso introspettivo è quello di fermarsi a pensare. Viviamo in un mondo che ci stimola continuamente a “fare”, ad agire, a scaricare tristezza e frustrazione con un “click” e a ricercare immediato sollievo da ogni turbamento mediante attività consumistiche e spersonalizzanti: l’e-commerce, le serie tv o il cibo spazzatura sono lì, facili da raggiungere, pronti a svuotarci la mente da qualunque emozione sgradita.

Ma in questo modo rimarremo alla superficie di noi stessi, ignari della ricchezza e della profondità del nostro essere. Occorre armarsi di coraggio, provare a fare qualcosa che sembra davvero controcorrente: far tesoro dei momenti di malessere, tristezza, ansia, confusione… Non fuggirli, non cercare di eliminarli all’istante, ma provare ad attraversarli per comprendere cosa ci stanno dicendo di noi. Spesso le emozioni del momento possono sembrare troppo turbolente o “incandescenti” per essere gestite, occorre addomesticarle prima di poterle esplorare nella loro essenza. Un modo può essere quello di armarsi di carta e penna e iniziare a tenere un diario o scrivere una lettera a sé stessi per provare a descrivere a parole quello che ci sta accadendo. Forse questo ci metterà di fronte ad aspetti di noi che non ci piacciono, a motivazioni in contraddizione con quelle che avevamo più chiare alla coscienza e ci costringerà per qualche tempo a sostare nel dubbio e nell’incertezza.

Non abbiate paura dei vostri dubbi, di quello che “non torna” o rischia di scombinare i vostri piani: è da lì che inizia la vita del vostro vero sé.

“La cosa che è veramente difficile, e anche davvero incredibile, è rinunciare ad essere perfetti ed iniziare il lavoro di diventare se stessi.” (Anna Quindlen)
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